Newsletter n. 6
a cura di Federico Esu
Ciao,
Ecco alcune novita’ che voglio condividere con te.
Podcast ITACA
Nelle ultime settimane sono usciti due nuovi episodi del podcast ITACA. Qui sotto puoi leggere le brevi introduzioni agli episodi oppure cliccare direttamente sui link per ascoltarli.
- Nell’episodio n.60 ho avuto il piacere di conversare con Alessandro Spedicati.
Mentre lavoravo al suo episodio, sono incappato in un passaggio di un libro che mi ha ricordato che, sebbene la parola crisi abbia assunto nel tempo una connotazione negativa, il suo significato originario era legato a concetti come quello di cambiamento. Ecco perché il passaggio da bruco a farfalla si chiama “crisalide”. Non ho potuto fare a meno di pensare a quello che mi ha raccontato Alessandro in questa conversazione. Dopo aver lasciato un’impronta indelebile nella scena musicale indie sarda con la band Sikitikis, Ale ha preso la decisione radicale di abbandonare la sua comfort zone cittadina e di proseguire la sua vita in campagna. Accompagnandola con un progetto editoriale chiamato “Una vita quasi country”, ha iniziato questa nuova avventura esplorando un mondo che, nonostante la nostra tradizione e il nostro passato, sembra per molti quasi irraggiungibile. In questo episodio Alessandro racconta le ragioni e le sfide legate a questa scelta, e il processo di trasformazione che lo sta portando a riflettere profondamente sulla società moderna e sui valori autentici. Abbiamo anche parlato, tra le varie cose, del processo creativo, del lato alienante della vita dell’artista, e del libro che aspira a completare e pubblicare. “L’unica materia prima capace di trasformarsi in felicità è il tempo!”, mi dice.
Puoi ascoltarlo qui.
- Nell’episodio n.61 ho finalmente conosciuto Manu Invisible.
In un mondo sommerso da informazioni e stimoli che spesso ci saturano e disorientano, trovo che le giuste domande possano aiutarci ad esplorare nuove idee, a sfidare le nostre convinzioni preesistenti e a stimolare la creatività. Un ruolo simile possono averlo le parole, soprattutto se raffigurate in forma artistica e portate alla nostra attenzione nel nostro quotidiano, magari mentre guidiamo lungo una statale, attraversiamo un cavalcavia, accompagniamo i figli a scuola, o andiamo a visitare qualcuno in un ospedale o in un istituto penitenziario. Sono sicuro che, incrociando le sue opere, molti di voi si siano chiesti chi fosse “Manu Invisible”. Un nome d’arte e una maschera che evocano mistero e meraviglia, dietro le quali ho intravisto non soltanto un’artista ma un visionario, un narratore urbano che usa pareti e muri come tela per raccontare storie nascoste e interrogare la realtà. Le sue parole, scritte in modo potente e simbolico, diventano messaggi di riflessione che ci costringono a guardare più da vicino il mondo che ci circonda. In questo episodio, Manu Invisible mi racconta delle sue influenze, delle sfide che ha affrontato nel suo percorso artistico, e di cosa lo spinge a creare, ad esplorare, a sfidare i limiti dell’arte e della percezione.
Ecco il link per ascoltarlo.
Place to be
Proprio a Manu Invisible ho chiesto, tra le altre cose, se secondo lui esiste un “place to be” per chi fa street art, e cioe’ un luogo dove devi per forza recarti, almeno per un periodo della tua vita, per trovare ispirazione, contatti, contaminazioni, etc. Per Alessandro Spedicati, ad esempio, i murazzi di Torino sono stati un “place to be” in una determinata fase del suo percorso da musicista.
Ho fatto questa domanda perche’ mi sono trovato a riflettere sulla tendenza che abbiamo di recarci in luoghi che, secondo noi o per sentito dire, sono quelli in cui dobbiamo necessariamente trovarci se vogliamo entrare in certi circuiti o sentirci ispirati da qualcuno o qualcosa, etc.
Premetto che credo sia fondamentale esplorare, conoscere, esporsi, assorbire soprattutto quando si è giovani e agli esordi di un percorso professionale. Ad esempio, sapevo che per poter lavorare alla Commissione Europea mi sarei dovuto recare innanzitutto a Bruxelles, in Belgio dove si trovano le “stanze dei bottoni” e si respira l’Unione Europea in tutte le sue sfaccettature.
Infatti, uno dei motti che guidano il podcast ITACA e il progetto NODI potrebbe essere riassunto cosi’:
In Italiano potrebbe tradursi in “raggiungi (inteso anche come includere) piuttosto che insegnare; esponi piuttosto che imporre”.
Qui trovi una mia recente condivisione su questo motto.
Tornando pero’ al discorso dei “places to be” o dei luoghi in cui dobbiamo necessariamente trovarci, se pensiamo alle varie epoche storiche, sono tanti gli esempi. Per prenderne uno, durante la prima metà del secolo precedente i caffe’ parigini occupavano un posto di prestigio senza pari ed erano noti rifugi di scrittori, artisti, e filosofi. E’ lì che si incontravano e conversavano.
Potremmo essere tentati di credere che luoghi del genere potessero stimolare le nostre menti in direzioni profonde e inaspettate, proprio come facevano per loro. Ma se dovessimo chiedere a Sartre il motivo delle sue frequenti visite, la risposta potrebbe anche essere sorprendentemente ordinaria: la vicinanza. Il caffè non aveva alcuna aura mistica per lui; era comodamente vicino a casa sua. Il suo consiglio per noi potrebbe riflettere le sue stesse azioni: trovare ispirazione nella familiarità o anche nella solitudine, nella quiete del nostro spazio dove i pensieri possono fluire liberamente.
La rivelazione cruciale secondo me sta in questo: l’ispirazione non sarebbe rinvenibile esclusivamente in posti specifici, nei vivaci centri urbani; prospererebbe ovunque. In sostanza, l’ispirazione nasce dalla scoperta di un significato profondo in ciò che potrebbe inizialmente sembrare insignificante. È il riconoscimento del potenziale che è sfuggito all’attenzione degli altri. La premessa del centrismo potrebbe essere fallace; ci spingerebbe erroneamente a cercare ispirazione proprio nei luoghi dove innumerevoli altri hanno già cercato. Invece, l’ispirazione forse prospera quando ci sganciamo da questa aspettativa centrifuga ed esploriamo certi elementi trascurati che aspettano il nostro sguardo attento (e non distratto).
Uso il condizionale perché resta un tema per me aperto. Forse dipende molto da cosa di cerca. Intanto, ho pensato potrebbe essere una riflessione interessante in ottica Sardegna, non tanto come nuovo “place to be” per qualcosa, quanto come luogo capace di fornire ispirazione e opportunità a chiunque sappia coglierle e costruirle.
Blue zones
Non so se hai avuto modo di guardare il documentario Netflix sulle “Blue Zones”, condotto da Dan Buettner.
Tra le altre zone nel mondo appare, come ormai e’ risaputo, anche l’Ogliastra in Sardegna. Non intendo soffermarmi troppo sul documentario in se’, ma la “ruota” creata da Buettner (vedi immagine sotto) e contenente gli elementi comuni alle blue zones che lui ha visitato mi ha fatto riflettere.
In particolare, mi sono chiesto quanti di questi elementi sono presenti nelle nostre vite frenetiche, spesso in grandi metropoli del mondo. Ci hai pensato?
In ogni caso, io credo che il focus dovrebbe essere sul vivere felicemente e in salute, non tanto (o soltanto) vivere a lungo. Che poi le due cose idealmente potrebbero andare di pari passo, e allora e’ il massimo! In tal senso, continuano a colpirmi le scoperte dello studio della Harvard Medical School chiamato “Grant Study”. Questo studio longitudinale iniziato nel 1938 e ancora in corso, cerca di rispondere alle domande:
- Che cosa rende felice una vita?
- Che cosa ci consente di condurre un’esistenza appagante e significativa?
Fino ad ora, pare che il fattore più importante siano le relazioni umane. Sono i rapporti con i nostri partner, i nostri familiari, gli amici e i colleghi ad assicurarci una vita buona e lunga. Sono i legami che sappiamo costruire giorno per giorno per garantire a noi stessi una salute soddisfacente e duratura. Lo avresti mai detto?
Qui il TED talk dove il Direttore di questo studio spiega proprio cosa stanno scoprendo sulla longevità e sul benessere.
Per ora e’ tutto ma sto lavorando su alcune cose di cui ti terro’ aggiornata/o.
Rispondi pure a questa mail se vuoi condividere con me le tue riflessioni su una delle tematiche toccate o altro.
Inoltre, se hai trovato questa newsletter di ispirazione, inoltrala pure ai tuoi contatti invitandoli ad iscriversi a loro volta. Ti ringrazio!
Intanto grazie per la lettura e a presto,
Federico
P.S.: Non dimenticare che puoi seguire il podcast ITACA su tutte le principali piattaforme, oppure direttamente dal sito NODI nella sezione dedicata (con tutti gli episodi e una mappa interattiva!).