Migrazione 3.0 – Sfida & Opportunità
a cura di Massimo Lugas
In questi giorni segnati astronomicamente dall’eclisse perfetta visibile dagli USA, è facile pensare alle coincidenze importanti che cambiano la storia e influenzano le nostre vite. Il fatto stesso che sia possibile assistere a un’eclisse, infatti, è possibile grazie alla straordinaria coincidenza che la Luna sia 400 volte più piccola del Sole, ma 400 volte più vicina alla Terra rispetto al sole.
Anche la vita è fatta di coincidenze e alcune di queste segnano un bivio nel tuo cammino che ti portano a riconsiderare e rivisitare, sotto una nuova luce, problemi importanti che meritano essere studiati e risolti: uno di questi è lo spopolamento collegato all’emigrazione e la coincidenza qui, è l’incontro con la Comunità/Network che sta dietro il podcast ITACA e il progetto NODI.
Abbiamo sempre sentito parlare di emigrazione e ne vediamo gli effetti e le conseguenze nei paesi durante le varie fasi storiche che abbiamo attraversato e vissuto: l’emigrazione dal paese alla città, l’emigrazione fuori dall’isola verso il continente e infine, grazie alla globalizzazione, l’emigrazione all’estero. Però si parla poco o niente dell’ultima grande migrazione a cui stiamo assistendo: la Migrazione 3.0 dalla realtà al mondo digitale fatto di reti sociali, piattaforme di streaming, metaverso, etc. Realtà palliative e parallele alla realtà fisica che rispondono a un cambio esistenziale e di dinamiche sociali, innescate dalla vita nelle grandi città e poi diffuse e adottate un po’ ovunque.
Osservando recenti studi si possono scoprire le conseguenze di questa migrazione sulla società, facendo bene attenzione a notare che sono eventi correlati ma non necessariamente collegati da una relazione causale, anche se dubito che in questo caso i dati siano una coincidenza. Ad esempio, un recente studio realizzato dal Washinghton Post e dall’Università di Chicago durante gli ultimi 25 anni, dimostra una caduta in picchiata dei valori identitari che hanno definito gli Stati Uniti. Osserviamo in dettaglio, ad esempio, la famiglia e il senso della comunità mostrato nel seguente grafico:
Mentre si nota una caduta impressionate di questi valori, è evidente un aumento dell’individualismo e del relativismo in cui ognuno difende la propria visione particolare del mondo senza partecipare nè condividere visioni collettive, far parte di gruppi o cercar di cambiare il mondo attraverso eventi sociali che abbiano un impatto sulla realtà. Questo dato si riflette in un’altro studio in cui si evince una riduzione impressionante del numero di buoni amici vs un piccolo incremento degli amici (non stretti) che possediamo.
Pur con tutti i suoi limiti, quell’appartenenza al gruppo delle generazioni anteriori, non solo aiutava (o por lo meno dava questa sensazione) di comprendere meglio il mondo che ci circondava, ma soprattutto generava una sensazione di gruppo e di proposito. Nello studio sociale più lungo (85 anni) che sia mai stato fatto sulla felicità e sulla salute nella nostra vita, portato avanti dall’Universitá di Harvard (Dr. R. Waldinger), questi elementi sono stati identificati, assieme alla partecipazione alla vita sociale e all’avere amici, come la causa principale di una vita felice e sana. Nello stesso studio, il rimpianto più comune che è stato riportato alla fine, e’ stato aver dedicato troppo tempo alle preoccupazioni e troppo poco tempo ad agire.
Qui il TED Talk sullo studio: https://www.youtube.com/watch?v=q-7zAkwAOYg&feature=youtu.be
L’assenza di questi elementi, e il cambio di valori sopraesposti, invece, si sta correlando fortemente a un aumento significativo di malattie mentali e ci sono vari studi che supportano queste conclusioni:
Depression is increasing among Americans reaching middle age (economist.com)
Why are young liberals so depressed? – by Matthew Yglesias (slowboring.com)
Nel primo studio, si osserva che la mancanza di educazione/formazione è un fattore che incrementa la depressione nelle persone di mezza età, mentre nel secondo (che si focalizza sui giovani) si nota un dato estremamente interessante che si può riassumere in questo grafico:
Le reti sociali e i mezzi d’informazione hanno avuto un ruolo importante nel generare polarizzazione e l’incremento della depressione giovanile è stato collegato non tanto con gli smartphone e le nuove tecnologie, quanto con la percezione del mondo in cui stiamo vivendo, caratterizzato da un capitalismo feroce inaspritosi attraverso una pandemia mondiale che ha incrementato ingiustizie e disuguaglianze sociali, e tutto questo mentre stiamo vivendo gli effetti di un cambio climatico globale che sta friggendo il nostro pianeta.
Nello studio non è stato chiesto agli adolescenti quale fosse la loro ideologia politica perchè non era l’obbiettivo dello studio, ma nonostante ciò è stata identificata una divergenza non solo di genere ma anche idelogica: in particolare le ragazze liberali sono state quelle a mostrare il più alto incremento di depressione in contrasto ai ragazzi conservatori. Mentre i ragazzi liberali sono più depressi delle ragazze conservatrici, mostrando che l’ideologia politica è un elemento chiave della depressione giovanile.
La causa di ciò è stata identificata nel fatto che gli adolescenti liberali sono più depressi perchè percepiscono maggiormente l’ingiustizia nel mondo: i mezzi di comunicazione incoraggiano la società a catastrofizzare la realtà e questo porta a sviluppare un eccessivo pessimismo sulla possibilità di poter cambiare le cose. Le persone che sono paralizzate dall’ansia, dalla depressione, o che soffrono attacchi d’ira non sono scollegate/sconnesse dalla realtà, nè alienate: al contrario sono persone tristi o arrabbiate proprio a causa della situazione del mondo e della società in cui vivono. Tuttavia, invece di provare a cambiare le cose che loro potrebbero cambiare e cercare di convivere serenamente con quelle che non possono cambiare, tirano avanti come possono in maniera improduttiva senza nemmeno provar a far nulla, mentre i problemi peggiorano.
Lo studio conclude con la convinzione che ci saranno delle tremende conseguenze negative a lungo termine specialmente sui giovani collegate a questa visione pessimistica e la contrastano con l’evidenza di altri studi sulla resilienza e il benessere mentale che suggeriscono che le persone che si sentono come gli artefici della loro vita – come se fosserro i capitani del loro veliero e non naufraghi soggetti alle onde e alle correnti – sono quelle che si trovano e si troveranno in condizioni migliori e di vantaggio confrontate a coloro che partono da una posizione di vittimismo incentrata su una visione/sensazione di impotenza in cui gli eventi della vita semplicemente gli succedono senza aver nessun controllo su di loro o i loro effetti.
In tutto questo contesto, gli assistenti di voce (e.g. SIRI) e i LLM (ChatGPT, etc.) stanno crescendo imparabilmente di popolarità e diffusione: in questo momento non è chiaro se questa sarà un’opportunità o se porterà a estremizzare fenomeni come l’isolamento, l’alienazione, l’individualismo e il relativismo con una conseguente esarcebazione delle problematiche viste precedentemente su depressione ed ansietà. I dati anche qui sono abbastaza interessanti sia sull’utilizzo (il dove e il come) degli assistenti di voce che sui nuovi tools di LLM (IA) che sembrano indicare un incremento dell’uso di questi ultimi più come strumenti di compagnia che funzionali.
Ad esempio è interessante il caso di studio di character.ai – che è una delle piattaforme dove in media gli utenti passano più tempo comparato con altre reti sociali o piattaforme di streaming (e.g. IG, Facebook, Youtube etc.) – dove si può configurare un personaggio basato su LLM (ChatGPT) che risponde ai nostri bisogni: potrebbe essere un personaggio storico reale (filosofo, scientifico, inventore, etc.) o un esperto creato da noi ad hoc su temi che ci interessano.
Il potenziale di arricchimento formativo e professionale di strumenti come questo è evidente, ma purtroppo i dati indicano che ci potrebbe essere il rischio di una deriva e che si utilizzino per creare pseudo-amici sintetici che rispondano alle nostre esigenze e gusti, portandoci a retroalimentare tutte le nostre fisime e problemi mentali che saranno acuiti da un ulteriore isolamento dal mondo.
Nel nostro caso, in Sardegna il rischio è di assistere e dover confrontarci con un ulteriore isolamento nell’isola, invece di riuscire a utilizzare appieno questi strumenti per liberarci dall’isolamento e potenziare la possibilità di azione, cambio e impatto nella società e sul territorio in cui viviamo, portandoci a un incremento della nostra felicità e benessere.
Come rompere dunque questo circolo vizioso che passando per l’individualismo, il relativismo, il pessimismo catastrofico e la sensazione d’impotenza ci sta portando a un ulteriore isolamento, alienazione e a fenomeni di depressione diffusi che stanno impattando varie fasce d’età in maniere differenti ma altrettanto preoccupanti?
Paradossalmente , in questo mondo globalizzato, un ritorno al paese, potrebbe riportarci a una riconnessione con il territorio e con noi stessi, attraverso la socializzazione e alla creazione di relazioni umane autentiche e solide basate sul confronto e l’empatia.
Identificare problemi che ci stanno a cuore e la creazione di gruppi di lavoro per cercare una soluzione collettiva a quest’ultimi, ci permetterebbe di dare un senso alle nostre esistenze. Avere un proposito che si può conseguire non da soli, ma in un cammino comune che si condivide con un gruppo di compagni per realizzare il cambio che noi vogliamo vedere nel mondo, può lenire quel pessimismo catastrofico a cui siamo esposti, dimostrando coi fatti e l’esperienza che il mondo in cui viviamo può essere cambiato se lo vogliamo: e lo possiamo fare coinvolgendo tutte le fasce d’età innescando così circoli virtuosi che ispirano a seguire percorsi simili in varie realtà.
Focalizzarsi su micro-realtà attraverso una rete di persone competenti e motivate, può facilitare la risoluzione di “semplici” problemi locali che avrebbero il vantaggio di migliorare e cambiare non solo localmente ma anche globalmente lo status quo, semplicemente unendo i punti ed espandendo la rete di lavoro globalmente sull’isola, trasformando così il pessimismo in ottimismo empirico supportato dai fatti e dai risultati ottenuti e riattivando la voglia di agire sul mondo per cambiarlo.
Dunque il ripopolamento dei paesi che oggi sembra una sfida esistenziale, potrebbe essere l’opportunità di una cura per il male che sta distruggendo da dentro la nostra società ed il nostro essere umani che godono della fortuna di vivere questa vita qui e ora.
I Paesi e l’Isola stanno passando attraverso un’eclissi che puo’ sembrare spaventosa e farci sentire “desamparados”, ma è bene ricordare che le eclissi sono fenomeni puntuali e ciclici e dopo ogni eclisse, il sole torna a splender più caldo di prima mentre il cielo appare più brillante.